
Schiacciata dalla crisi finanziaria ed immobiliare, minata nella sua credibilità internazionale,la “tigre” celtica ha perso denti ed artigli,indifesa contro le euroburocrazie che non vedevano l’ora di far pagare agli irlandesi la bocciatura della carta di Lisbona nel 2008.
La verità la sanno anche i meno maliziosi.
Mentre precipitavano nella voragine della loro stessa economia “rampante”, i politici di Dublino chiesero soccorso all’UE,per evitare la bancarotta,con relativa implosione dello Stato.
Da bravi sciacalli,o da squallide prostitute,a voi la scelta,i gran sacerdoti dell’europeismo imposero la ripetizione del referendum in cambio dell’aiuto. Con l’aggiunta di una postilla vergognosa,il referendum doveva anche avere esito favorevole al trattato.
L’unica considerazione che riusciamo a fare, di fronte a cotanto schifo, riguarda la perplessità che sorge nel constatare il basso valore etico delle fondamenta su cui dovrebbe poggiare questa “casa comune europea”.
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